Il domicilio digitale del cittadino.
Il domicilio digitale del cittadino.
Il c.d. Decreto sviluppo bis, ossia il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con L. 17 dicembre 2012, n. 221 ha introdotto nell’ordinamento italiano una norma che pone le basi per rafforzare ancora di più l’utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche, principalmente nei rapporti tra PP.AA. e cittadini. L’art. 4, infatti, disciplina il “Domicilio digitale del cittadino“, attraverso l’inserimento dell’art. 3 bis nel Codice per l’Amministrazione Digitale (D. L.vo 7 marzo 2005 n. 82), il quale stabilisce: La norma, al momento, prevede soltanto una semplice facoltà, ossia di indicare il proprio domicilio digitale, che poi altro non è che un indirizzo di posta elettronica certificata (P.E.C.) e non un vero e proprio obbligo. Tale norma si coordina sia con l’articolo 3 dello stesso C.A.D., ove viene sancito il “Diritto all’uso delle tecnologie” da parte di cittadini ed imprese, i quali hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, con i soggetti di cui all’ articolo 2, comma 2 e con i gestori di pubblici servizi ai sensi di quanto previsto dal C.A.D. sia con l’art. 3-bis della L. 241/90, (Uso della telematica), secondo il quale “Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”. La nuova previsione normativa, quindi, si pone quale specificazione del più generale diritto dei cittadini all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le PP.AA., attraverso l’elezione di un proprio domicilio informatico valido per tutti i rapporti con le PP.AA nonchè quale rafforzamento dell’esigenza di queste ultime di perseguire gli obiettivi del miglioramento dell’azione amministrativa (efficacia, economicità, trasparenza, pubblicità). Il “Domicilio informatico”, invece, inteso quale indirizzo di P.E.C., è già un obbligo per imprese e professionisti. Si spera, quindi, che in tal modo si crei un ottimale effetto tenaglia con, da una parte, i cittadini sempre più attenti ad usare e pretendere l’uso della telematica nei rapporti con la P.A. e dall’altra le PP.AA. che si impegnino ad attuare l’art. 3 bis L. 241/90. E così, a decorrere dal 1 gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Peraltro, l’utilizzo di differenti modalità di comunicazione rientra tra i parametri di valutazione della performance dirigenziale ai sensi dell’articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Invece, in assenza del domicilio digitale, le amministrazioni possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica avanzata, da conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa predisposta secondo le disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, n. 39. Sarà, poi, un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, a definire le modalità di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino, nonchè le modalità di consultazione dell’ANPR da parte dei gestori o esercenti di pubblici servizi ai fini del reperimento del domicilio digitale dei propri utenti. |
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