Lo sviluppo di e-health app
Nel settore dell’innovazione tecnologica, lo sviluppo di app dedicate alla salute riveste ormai un ruolo molto importante ed attrae sempre di più l’attenzione dei vari soggetti coinvolti.
Si pensi, per avere un’idea delle dimensioni del mercato, che nel 2014 la spesa per la digitalizzazione della sola sanità italiana è cresciuta del +17% rispetto all’anno precedente, toccando 1,37 miliardi di euro; anche se, complessivamente, risulta pari soltanto all’1,3% della spesa sanitaria pubblica, con una media di circa 23 euro per abitante.
In generale, lo sviluppo di app, specie per il settore mobile, è diventato uno dei fattori trainanti della crescita nel digitale e il coniugio con il settore dell’health-care non poteva che essere altrettanto proficuo.
Secondo una ricerca di Research2Guidance, esistono oltre 100mila applicazioni fitness/salute disponibili per il download sugli stores digitali e si stima che nel corso del 2015 oltre 500 milioni di persone in tutto il pianeta ne utilizzeranno almeno una.
È innegabile, infatti, che applicare le moderne tecnologie dell’innovazione e della comunicazione per il miglioramento o il mantenimento della salute psico-fisica degli utenti-pazienti, comporta significativi vantaggi nell’erogazione dei servizi e migliori performance a livello aggregato, sotto diversi punti di vista.
Anzitutto quello dell’efficacia, perchè consente di ottenere un monitoraggio dello stato di salute individuale e collettivo più preciso e completo, tale da permettere la prevenzione, la precisione diagnostica ed interventi tempestivi o circoscritti, evitando così il ricorso successivo a dispendiose terapie ovvero riducendo l’entità delle stesse, i tempi di recupero ecc., grazie soprattutto alla personalizzazione mirata delle cure. Con immenso vantaggio per il benessere e la salute dei cittadini.
Vi è, poi, un sensibile risparmio dal punto di vista economico ed a tutti i livelli, sia privati che pubblici, che, già di per sé, giustifica gli investimenti in tecnologia e sviluppo di applicazioni specifiche, spesso, peraltro, finanziabili attraverso bandi di varia provenienza o il crowdfunding.
Tutto ciò passa necessariamente attraverso un massiccio ricorso all’utilizzo di tecnologia e soprattutto di devices che, di fatto, tendono a trasformare ciascun utente-paziente in un nodo dell’Internet of Thing, declinabile nella più suggestiva espressione dell’Internet of Me, ossia ciascun utente-paziente è collegato al devices (di diverse specie e forme) che raccoglie i suoi dati sanitari (parametri vitali, funzioni fisiologiche, caratteristiche antropometriche ecc.) e li trasmette in maniera digitale, trattandoli pertinentemente e secondo finalità strettamente determinate.
Le problematiche giuridiche relative al trattamento dei dati personali, infatti, in detto settore sono più che mai cruciali e non possono che essere affrontate con il criterio della privacy by design e by default, con il necessario livello di adeguamento ai provvedimenti normativi, tanto europei quanto nazionali, ma soprattutto facendo tesoro della preziosa produzione da parte di Autorità Garante ed Organismi europei (GPEN, WP29 ed Enisa tra tutti) che costituiscono un vero e proprio sussidio per districarsi nell’intricato rapporto tra tecnologia sempre più veloce, da una parte e diritto che spesso fatica ad inseguire, dall’altra.
D’altronde, la tutela dei dati personali sensibili, quali quelli sanitari, può costituire un vero e proprio ostacolo allo sviluppo di app di M-health o E-health e deve essere tenuto nella dovuta considerazione, nonostante l’utilizzo delle moderne tecnologie sembra quasi portare ad una sorta di desensibilizzazione al riguardo, specie se pensiamo che già molti devices in nostro possesso hanno installate app che raccolgono e trattano dati personali relativi al nostro stato psico-fisico senza che noi ce ne accorgiamo, peraltro in forza di un consenso espresso con la stessa facilità con cui si approvano le condizioni di servizio di una qualsiasi app (ossia premendo un tasto virtuale dopo aver scrollato un testo lunghissimo e magari incomprensibile).
App mediche che ormai sono finite sotto la lente di ingrandimento delle diverse Autorità per la tutela dei dati personali, tra cui quella italiana.
Per non parlare poi delle vere e proprie condizioni del servizio reso dall’app e dei cookies di profilazione (in questo caso di comportamenti che rivelano lo stato di salute), anche questo argomento oggi attuale più che mai, proprio perchè oggetto di un apposito provvedimento dell’Autorità Garante.
Tra le altre criticità vanno segnalate la scelta del S.O. per lo sviluppo dell’app, che può condizionare, e non poco, la diffusione e l’utilizzo dell’app stessa, la modalità di fornitura del servizio tramite le diverse forme di cloud computing, la geolocalizzazione, l’eventuale scelta di utilizzare una piattaforma e-commerce per l’erogazione di servizi, tanto all’utente paziente, quanto all’utente operatore sanitario o struttura sanitaria, l’eventuale gestione dei pagamenti elettronici e la possibile classificazione dell’app come dispositivo medicale in conformità delle direttive comunitarie europee o delle linee guida della FDA (Food and Drug Administration) americana.
È importante, ad ogni modo, osservare come l’interesse allo sviluppo di app nel settore health-care sia ormai diventato, specie a livello mondiale, un pilastro così fondamentale per lo sviluppo del digitale, che quasi tutti i grandi operatori cercano di invogliare gli sviluppatori ad approcciarsi ad esso, mettendo loro a disposizione tutta una serie di strumenti (tra cui API e SDK) che forniscano un valido aiuto e supporto tecnico.
Ed è proprio in tale osservazione che non si può fare a meno di notare come un grandissimo gruppo come Apple, abbia deciso di rilasciare il proprio “Research Kit” ossia un framework software open source che rende più facile per i ricercatori e gli sviluppatori creare app che possono rivoluzionare gli studi medici e potenzialmente trasformare la medicina per sempre; tale framework opera di pari passo con “HealthKit”, un potente strumento sempre targato Apple, che consente alle app di salute e benessere che girano sugli smartphone dotati di iOS, di lavorare insieme.
Una scelta questa, quasi in aperto cambiamento di rotta rispetto alle stringenti logiche proprietarie e dirigistiche che la casa di Cupertino ha sempre seguito nella propria strategia di mercato, per raggiungere la leadership.
Evidentemente, l’importanza del settore, collegato ad aspetti vitali quali quello del benessere e della salute psico-fisica, ha fatto si che la stessa società scendesse in campo con un grande attrattore, quello dell’Open source, che consentirà di richiamare l’attenzione e l’impegno di molti più sviluppatori, diversamente costretti a sviluppare solo in ambienti proprietari.
Infine, non si può evitare di riflettere sulla potenziale universalità nell’erogazione dei servizi di sanità digitale e che la scelta di sviluppare una applicazione priva di respiro sovranazionale rischia di rivelarsi una scelta strategica inopportuna.
Ciò anche nel pieno rispetto di quello che oggi rappresenta una dei grandi temi che l’IoT, i Wearable devices ed il M2M pongono sul piatto, ossia l’interoperabilità dei sistemi, che potendo comunicare correttamente tra di loro, riescono a garantire livelli di sicurezza, di accesso e di performance ancora più elevati, con tutto vantaggio per l’intera collettività umana.
Ovviamente, la visione dello sviluppatore non può evitare di confrontarsi con un approccio multi-livello, declinato in almeno tre ambiti strettamente interconnessi, ossia quello tecnico-informatico, quello del modello di business e quello tecnico-legale, in modo da poter realizzare app attraenti dal punto di vista della user experience, remunerative per gli sviluppatori e conformi ai vari legal frameworks interessati.